Alice Cooper – Milano, 30 novembre 2017
A distanza di un anno e mezzo dal precedente concerto, tenuto nel mese di giugno 2016 (vedi l’articolo in questo stesso blog), Alice Cooper è tornato a Milano con un nuovo show sempre all’Alcatraz: stessa band, scaletta riveduta e leggermente aggiornata.
Pur con i suoi 69 anni suonati, Alice riesce a reggere il palco egregiamente anche se il concerto ha avuto una durata relativamente breve: poco meno di un’ora e mezzo (contro i cento minuti circa dell’anno prima), peraltro senza pause, durata forse spiegabile anche con il fatto che lo show faceva parte dell’ultima serie di 7 concerti europei in altrettanti giorni prima della conclusione del tour.
A mio avviso, Alice risulta più addirittura “performante” oggi di quanto non fosse negli anni ’70, anni in cui era come noto dedito all’alcool da cui fortunatamente si è liberato da decenni.
Per quanto riguarda la scaletta, poche sorprese: confermati gli “immancabili”, a parte “Elected” che aveva costituito uno dei bis dell’anno scorso; un solo brano dal nuovo recente album “Paranormal“; il reinserimento di “Department of Youth” che ho personalmente gradito molto; la chiusura con l’inno “School’s Out“, anche quest’anno arricchita dalla citazione di “Another Brick in the Wall (Part 2)” dei Pink Floyd.
Pubblico molto caldo e partecipativo al punto che, come l’anno scorso e come preannunciato su Twitter, il bassista Chuck Garric ha ripetuto il tuffo nella folla con l’immancabile fotografia.
Nella quale è risultato ben visibile il sottoscritto – e un po’ meno visibile, la consorte – come è possibile vedere dalla foto pubblicata più sotto!
La band è a mio parere molto ben selezionata: i chitarristi Tommy Henriksen (principale collaboratore di Alice) e Ryan Roxie costituiscono le chitarre principale sulle quali si innesta la presenza musicalmente e scenograficamente esuberante di Nita Strauss. Quest’ultima, con la sua impostazione più vicina all’heavy che al rock tradizionale, assicura quel pizzico di spettacolo in più che non stona in un set già di suo caratterizzato da effetti speciali e sorprese di vario genere – per lo più horror.
La base ritmica è garantita dal già citato Chuck Garric, chiaramente influenzato da Gene Simmons dei Kiss in alcuni atteggiamenti scenici e dal funambolico batterista Glen Sobel, molto potente e variato nella sua tecnica ed al tempo stesso spettacolare per via dei suoi giochi di manipolazione delle bacchette.
Non è certo un tema originale quello della frequente sottovalutazione dei batteristi nel rock, nel senso che fisicamente sono nelle retrovie del palco rispetto a cantante e chitarristi ed il loro lavoro rischia di finire a sua volta “sullo sfondo”. Alice Cooper si è assicurato un bravissimo batterista, più che degno erede di Eric Singer che l’aveva accompagnato per diversi anni prima di tornare nelle fila dei Kiss dopo la parentesi della band con il redivivo Peter Criss.
(Altro testo, foto e video dopo il “Continua a leggere“)