Regalare, vendere, svendersi ovvero: non vi firmo gli autografi e Jim Morrison live in Las Vegas
Non firmo autografi perché poi la gente va a venderli su eBay (Gene Simmons – Kiss)
Quando leggo dichiarazioni come queste, da parte di un personaggio famoso e straricco, non posso che restare più che perplesso.
In primo luogo domando: se anche fosse vero, e non lo è, che male ti farebbe, Gene.
Di soldi ne hai a sufficienza per campare non una ma parecchie vite; è vero che, anche se fingi di essere un “all american man“, sei un immigrato proveniente da una famiglia ebrea, per di più povera ma questo non ti giustifica.
Inoltre molti fans l’autografo lo conserverebbero gelosamente, altro che rivenderlo; a loro non pensi?
Torniamo indietro ai primi anni ’90, i Kiss erano stati travolti dall’ondata delle hair bands (come si chiamavano i gruppi più o meno heavy in voga ai tempi), il grande successo degli anni trascorsi con il trucco sul viso apparteneva al passato, Paul Stanley, Gene e i due membri non originali della band (Bruce Kulick e Eric Singer) erano ridotti a suonare in piccoli club e festival rock, magari aprendo per bands che pochi anni prima avrebbero fatto carte false anche solo per conoscerli di persona. Inoltre partecipavano alle conventions organizzate dai fans, dove si vendeva materiale originale ed anche bootlegs del gruppo.
Poi, nel 1996, dopo l’unplugged per MTV con la partecipazione degli ex-membri originali Ace Frehley e Peter Criss, il colpo di scena della reunion ed un tour mondiale di colosssale successo, seguito da altri due nel 1998 e 2000 (il farewell tour). La band alle conventions dei fans non andò più ma in compenso Gene ci mandò uno stuolo di avvocati per impedire la vendita di bootleg, che erano stati tollerati fino a pochissimi anni prima! Continua a leggere
Un caso di sincronicità
Sincronicità è un termine introdotto da Carl Jung nel 1950 per descrivere la contemporaneità di due eventi connessi in maniera acausale. Coincidenza di due o più eventi atemporali, quindi non sincroni, legati da un rapporto di analogo contenuto significativo.
(Tratto da Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Sincronicit%C3%A0)
Due anni fa, esattamente il giorno 26 giugno 2010 (grazie alle foto digitali che memorizzano, tra le altre, le informazioni sulla data in cui sono state scattate!) ero in vacanza ed ho effettuato un lungo itinerario in Valparola, partendo dall’omonimo rifugio e ritornandovi dopo avere percorso un anello intorno al Monte Settsass.
E’ stata un’escursione molto impegnativa quantomeno come durata, avendo richiesto circa sette ore.
E’ pur vero che non amiamo correre, durante le escursioni: ci prendiamo sempre il nostro tempo per ammirare il panorama, scattare fotografie, semplicemente … respirare: ma la distanza percorsa è stata davvero notevole.
Nella fase finale del giro, siamo approdati in prossimità della vetta del Monte Castello, su cui spiccavano delle croci in legno a ricordo dei caduti della I Guerra Mondiale. Croci apposte dopo la fine della guerra, con ogni probabilità.
L’atmosfera era piuttosto particolare: il cielo denso di nuvole grigie, un vento sferzante, nessun altro essere umano.
Qualche considerazione sul calcio
Mi accosto all’argomento calcio con qualche apprensione. E’ molto difficile parlarne senza incappare nelle esagerazioni tipiche dei tifosi, quelli che proprio non riescono a discuterne rinunciando alla cartina tornasole del proprio tifo che tutto testa e filtra acriticamente (avrei potuto scrivere più facilmente a proposito di “fette di salame sugli occhi” ma a volte amo essere complicato).
Invece la mia intenzione è di esporre alcune mie considerazioni che prescindono del tutto dal tifo per una o l’altra squadra; quantomeno ci proverò.
Per cominciare, sono cresciuto come la maggior parte degli individui della mia età a pane e pallone.
Trascorrevo i pomeriggi nel giardino sotto casa con gli amici a giocare: alberi e cespugli fungevano da pali della porta, erba non ce n’era, bambini della mia età tanti perché eravamo della generazione del baby-boom.
Di pedofili non si parlava, ovviamente la mamma ogni tanto dava un’occhiata dalla finestra del salotto per controllare che tutto fosse a posto ma mandare i propri figli ai giardini da soli a giocare era cosa normale.
Non avrei potuto concepire modo migliore per passare il tempo libero.
La domenica era trascorsa seguendo le partite, il lunedì a parlarne con i compagni di scuola.
Chi teneva il Milan come me, chi l’Inter o la Juventus, c’era comunque rispetto per l’avversario e quando i giocatori dell’una o dell’altra squadra vestivano la maglia azzurra della nazionale il tifo era unificato.
Da milanista, ho sofferto gli anni cupi della serie B poi le gioie dei trionfi della fine anni ’80, ’90 e del nuovo millennio.
Ho trascorso pomeriggi e serate allo stadio a gridare, cantare, qualche volta imprecare.
Insomma, senza esasperazioni, ma l’ho vissuta per un bel po’.
Poi …