Attenzione: contiene spoilers!
Willy’s Wonderland (2021) – Recensione
Uno strano personaggio di poche (nessuna) parole transita nei pressi di una cittadina di provincia e buca tutte 4 le gomme della sua auto a causa di una striscia chiodata posizionata sulla strada. Interviene il soccorso stradale che richiede 1.000 dollari per la sistemazione ma, problema, niente POS e nessuno sportello bancomat in paese. C’è una soluzione: il proprietario di un locale di feste per bambini chiuso da tempo ha bisogno che qualcuno lo ripulisca da cima a fondo in vista di un’imminente riapertura. Se il protagonista lo farà nel corso della nottata, la macchina gli verrà consegnata sistemata la mattina dopo. Accettata la proposta, viene chiuso all’interno del locale a lavorare e presto si accorgerà che quei simpatici pupazzoni creati per dare gioia ai bambini sono in realtà posseduti dalle anime maligne di un gruppo di serial killer che utilizzava l’attività per procurarsi vittime innocenti…
No, non è sangue… probabilmente lubrificante… i pupazzi non sanguinano!
Coloro i quali avessero dedicato un po’ del loro tempo a leggere le mie recensioni cinematografiche sanno che non sono molto tenero nei confronti dei film quando, a mio parere, presentano debolezze nella sceneggiatura, nella recitazione e/o altro (a proposito: c’è qualcuno che ha letto i miei post?).
“Willy’s Wonderland” è lungi dall’essere perfetto. La storia presenta qualche buco, per così dire, pur nella sua semplicità. La recitazione di Nicolas Cage (coinvolto anche nella produzione) è assolutamente monocorde: una singola espressione per tutto il film, nessuna battuta. Per chi come me ha poca stima delle capacità recitative di Cage si tratta peraltro di una circostanza favorevole. Mediocre la recitazione degli altri attori e pessima, in particolare, quella dei ragazzi componenti il gruppo che si prefigge di bruciare il locale salvo poi ripiegare sull’idea di soccorrere il protagonista che è stato chiuso all’interno ad affrontare i pupazzi omicidi. La caratterizzazione di quei personaggi sembra uscita da un manuale di stereotipi: c’è la ragazza giovane ma matura e piena di buon senso, il fessacchiotto che ne è innamorato, l’altra ragazza “facile”, lo stupido congenito che gode delle sue qualità (ci siamo capiti) ma non ha la minima idea di come affrontare la situazione…
Eppure, nonostante quanto sopra, il film si lascia vedere piacevolmente a patto di prendere la storia senza porsi tante questioni. I films non vanno valutati in assoluto ma partendo dalle loro pretese, dal genere e dal periodo nei quali sono stati realizzati. La prima parte è originale e divertente salvo perdere qualcosa, diciamo rallentare, nel momento in cui entra in scena la banda dei ragazzi. La conclusione è soddisfacente anche perché evita il solito vizio del “finale-non-finale” così abusato e quindi irritante.
The Domestics – Recensione
“In the weeks following an apocalyptic event, a husband and wife venture across the countryside inhabited by deadly factions in search of safety, and must work together as they are pushed to the breaking point in order to survive.” (riassunto tratto dal sito IMDB)
La premessa del film è piuttosto inquietante: il governo decide che la Terra è sovrappopolata ed i suoi abitanti troppo litigiosi quindi decide di spazzarne via una buona parte irrorando l’atmosfera con qualche tipo di gas nervino.
A sopravvivere è una percentuale trascurabile e le città americane diventano teatro di scorribande di gang di delinquenti assassini, più o meno mascherati.
La coppia protagonista del film decide di intraprendere un viaggio di 200 miglia per raggiungere l’abitazione della madre di lei; viaggio durante il quale dovranno affrontare vari tipi di degenerati nella speranza di giungere vivi alla meta. Operazione che riuscirà loro anche se si rivelerà inutile.
Già da queste poche righe è facile capire come la trama di questo film del 2018 non presenti novità particolari ma, diciamolo, attendersi colpi di genio da un film di questo tipo sarebbe esagerato. Si tratta di quel genere di pellicole per le quali si preme il pulsante avvio, si stacca buona parte del cervello e si spera di divertirsi quanto basta.
Il problema è che le numerose incongruenze proposta dalla sceneggiatura colpiscono come un pugno nell’occhio lo spettatore. Tanto per cominciare: quale governo compie la strage? Quello USA? Un fantomatico governo mondiale? Con quale reale scopo? Ancora: posto che le persone vengono uccise con una sorta di gas nervino, perché le città post-disastro si presentano devastate come se fossero state bombardate?
Ovviamente le stranezze non si fermano qui e coinvolgono diversi punti della sceneggiatura. La protagonista colloquia con la madre che dista appunto 200 miglia (circa 320 Km, sottolineiamolo) ma viene mostrata farlo tramite una radio che potrebbe essere paragonata ad un “baracchino” CB (Citizen Band) di quelli – per capirci – che montavano i camionisti a bordo del loro mezzo per informarsi reciprocamente di intasamenti, incidenti e controlli di polizia. Si tratta di apparecchi che avevano una portata di alcuni Km ma sicuramente non 300. Ancora: nonostante le strade siano affollate di psicopatici assassini, nessuno pare chiudere la porta di casa. Continuiamo: la protagonista viene colpita da un proiettile di grosso calibro alla spalla e, nonostante la ferita bendata alla meno peggio e senza disinfezione né sutura, pare non risentirne minimamente mentre dovrebbe essere devastata dal dolore. E ancora: la protagonista stessa che prova a sparare con un fucile (munito di ottica!) ad un bersaglio a 10 metri senza neppure avvicinarsi allo stesso per poi diventare una cecchina incredibile nell’ultima parte del film, anche in questo caso sopportando il “rinculo” dell’arma manco impugnasse una fionda (chi ha sparato in vita sua con un’arma di grosso calibro sa cosa intendo).
Insomma, la sceneggiatura mostra davvero tanti “buchi” che allo spettatore risultano piuttosto inspiegabili soprattutto nei casi in cui riempirli, anche alla meno peggio, non sarebbe stato poi così impossibile. Tante e tali distrazioni potrebbero essere spiegabili sulla base di “tagli” rispetto al girato originale per ridurre la durata del film ovvero di un montaggio pasticciato.
La recitazione non è esaltante né, complessivamente, si riesce a provare particolare empatia per i protagonisti: soprattutto la moglie per la quale il principale problema pare essere costituito non tanto dalla speranza di rimanere viva quanto da un rapporto matrimoniale in crisi.
Il resto degli attori si barcamenano, facendo i conti con la sceneggiatura che presenta immancabilmente tutti i componenti delle bande in circolazione come assassini psicopatici dediti unicamente ad ammazzare chiunque incontrino, senza alcuno spessore psicologico.
Per i dettagli su cast, regia e quant’altro vi rimando alla scheda sul sito IMDB – Internet Movie Database (link in fondo a questo articolo).
Non mi sento di consigliare la visione di questo film al quale assegnerò un 5+ che è allineato con le valutazioni sul succitato IMDB (5.7/10). La scelta sulle piattaforme di streaming è ampia e può offrire di meglio.
Un paio di domande sulla cinematografia hollywoodiana
La cinematografia di Hollywood ci stupisce spesso per la grandiosità delle sue produzioni, per gli incredibili effetti speciali, per la bravura dei suoi attori protagonisti (e dei comprimari) …
… ma in alcuni casi lascia a mio avviso perplessi e ci sono un paio di elementi in particolare che mi spingono a pormi delle domande.
Perché i film finiscono sempre male?
Ovviamente non è esattamente così ma è indiscutibile che almeno per certi generi, come horror e fantascienza, il caro vecchio happy ending sia da scordarsi.
L’astronave degli alieni invasori è saltata in aria? Tranquilli che alla fine del film ne salterà fuori un’altra dozzina perché non possiamo che essere condannati all’estinzione.
L’assassino psicopatico si è giustamente preso una pallottola in testa, dopo avere compiuto ogni possibile atto efferato? Alla fine dei titoli di coda scopriremo che ha un successore pronto a ricominciare.
E così via.
Ora, fortunatamente non sono più i tempi nei quali la legge stabiliva che i film polizieschi dovessero obbligatoriamente concludersi con la giusta punizione per il reo e il trionfo della giustizia (una delle regole imposte dal Codice Hays varato nel 1930) ma anche l’insistenza nel fare finire male i film sembra essere diventata una sorta di cliché. Non costituisce quindi più né una sorpresa, né un colpo di scena.
Perché gli attori sfoggiano così spesso montagne di muscoli?
A volte ho l’impressione che gli attori si affannino a praticare il body building (lo chiamerò così, con un termine antiquato, giusto per fermi capire) per settimane o mesi quando la sceneggiatura di un loro film prevede una pur rapida sequenza in cui appaiono a torso nudo.
Siamo abituati ai grandi attori che, per rappresentare al meglio un personaggio, accettano di ingrassare a dismisura e/o dimagrire al di là del ragionevole ma quella del fisico palestrato pare essere diventata una costante.
Questa circostanza può essere accettabile quando il protagonista del film sia, a titolo d’esempio, un soldato dei corpi speciali, un atleta di certi sport ecc. ma talvolta si toccano vette di assurdità. Rammento un film – ma non il suo titolo e poco male – nel quale uno dei personaggi era uno psichiatra eppure sfoggiava dei muscoli ottenibili solo con intere giornate passate in palestra, non certo in studio né in ambulatorio. Non me ne vogliano suddetti specialisti, non voglio raffigurarli a tutti i costi come degli individui rachitici o sovrappeso ma l’effetto era assai ridicolo.
Se aggiungiamo che l’obesità è negli USA tristemente e pericolosamente diffusa ed in continua crescita, viene proprio da domandarsi: vedremo mai una normalissima pancetta, se non proprio rotoli di lardo, quando l’attore si leverà la camicia?
Forse in un film dell’orrore che finisca anche bene … quindi mai.