Servizio militare: anno perso o scuola di vita?
Rammento ancora oggi quel 7 gennaio 1991 in cui mio cugino mi chiamò dopo essere stato al distretto militare di Milano e mi avvisò che il mio nominativo figurava tra quelli in partenza per il servizio militare il successivo 4 febbraio.
Pensavo di avere ancora diritto ad un anno di rinvio per via degli studi o, forse, non volevo pensarci troppo: fatto sta che andai subito a mia volta al distretto, constatai di persona che il nome era proprio il mio e che ero destinato a svolgere il CAR (Centro Addestramento Reclute) in quel di Merano, Alto Adige. Alpini: eppure la mia memoria dei “tre giorni”, la famosa o famigerata visita di arruolamento per la quale si veniva convocati intorno ai 18 anni di età, mi diceva che il medico che aveva stilato il giudizio conclusivo aveva sconsigliato l’incorporamento nelle truppe di montagna. Ai tempi ero in effetti piuttosto magrolino e l’OK finale era stato dato escludendo dunque reparti fisicamente troppo impegnativi.
I miei preparativi consistettero nel superare un esame all’università per il quale ero praticamente pronto e nel farmi crescere la barba: non per somigliare ad un vero alpino bensì per evitarmi il supplizio di sbarbarmi tutti i giorni una volta in caserma.
Qualche tempo dopo arrivò la cartolina di arruolamento ed infine il 4 febbraio 1991, giorno in cui partii per Merano – per la precisione, Maia Alta – per cominciare i miei 12 mesi di naja con 5 settimane di addestramento piuttosto toste sia dal punto di vista della vita di caserma, sia da quello climatico dal momento che freddo e neve avrebbero caratterizzato numerose di quelle giornate passate quasi sempre all’aperto svolgendo le attività addestrative.
Alla fine del CAR fui assegnato al Reparto Comando del IV Corpo d’Armata Alpino a Bolzano, destinazione ambita per via della vita molto morbida e degli incarichi prevalentemente di tipo scritturale (impiegatizio, per capirsi) dato che questo reparto forniva il personale all’Alto Comando del IV Corpo d’Armata stesso. Dopo qualche giorno di sballottamento mi fu dato l’incarico 260C cioè Addetto alla Contabilità in Fureria Centrale. Mi ritrovai così in un ruolo molto “potente” nell’ambito della gerarchia non ufficiale del reparto: Reparto Comando – Plotone Comando – Squadra Comando – Ufficio Comando e, soprattutto, nell’ufficio di fureria al quale facevano capo le furerie di compagnia. Nel contempo alcuni miei “frà”, cioè commilitoni dello stesso scaglione (1/91) erano stati collocati in altri uffici strategici: Area Riservata, Sezione Maggiorità, Ufficio Posta e … Ufficio Spaccio! Eravamo ben sistemati, diciamolo chiaro.
Senza farla troppo lunga, perché questo mio scritto non intende essere un amarcord personale di quell’anno trascorso in divisa, quello che voglio sottolineare è che la mia esperienza militare si svolse senza tante fatiche: niente campi, niente polveriere, niente addestramenti speciali, solo parecchie guardie (anche perché dopo qualche tempo divenni graduato ed il numero di servizi come Capoposto o Capomuta della guardia era abbastanza alto rispetto a quelli assegnati ai soldati semplici) compensate da numerosi giorni a casa: 89 sui 362 totali di naja. Sì perché se non si era di servizio, nel fine settimana si poteva andare a casa in permesso al fine di ridurre il costo del vettovagliamento a carico dell’esercito.
Non posso certo quindi sfoderare un repertorio da marmittone vecchio stile, con avventure in bilico tra l’eroico ed il ridicolo, né vantare la partecipazione a grandi manovre internazionali.
Nonostante questo penso che il servizio militare mi abbia insegnato diverse cose.
Una è una certa dose di tolleranza, qualità che non fa esattamente parte della mia natura. Sia chiaro che sto parlando di una forma sana e costruttiva di tolleranza, quella che consente ad una persona di andare sufficientemente d’accordo con individui di formazione, estrazione, età e livello culturale molto differenti dai propri. Oggi si usa questo termine a sproposito, indicando con esso forme di accettazione incondizionata di qualsiasi comportamento degli altri, ma in verità sono numerose le parole che hanno perso il loro significato originario a favore di altri a carattere strumentale. Io ero un milanese, quasi laureato, di 25 anni: mi ritrovai con altri ragazzi della mia età ma anche con montanari diciottenni che nella vita erano agricoltori, e addirittura ricordo uno spazzacamino. Credo di non avere mai assunto atteggiamenti di superiorità per la mia maggiore, quanto ancora incompleta, istruzione ma non effettivamente ero abituato a trovarmi con persone tanto diverse.
Un’altra cosa imparata è stata l’accettazione della gavetta. I topi, cioè quelli appena arrivati dal CAR, erano per tradizione destinati dai furieri ai servizi meno gradevoli, tipo piantone alle camerate (spazzare le camerate stesse e pulire i cessi, sempre per parlare chiaro) per poi lasciare progressivamente il testimone ai nuovi arrivati. “Nonnismo!” griderà allarmato qualcuno: no, non lo vedevamo così quando ci trovavamo nel bel mezzo e ritengo non fosse così anche ripensandoci oggi. La recluta addestrata per 5 settimane al CAR era abituata a … soffrire e poco gli pesava un servizio di pulizia che, dopo 6 mesi di caserma, sarebbe invece risultato faticoso soprattutto mentalmente. Chiamatela gavetta, ruota, avvicendamento, era una cosa normale e ragionevole. Dopotutto anche nella vita reale, quella senza uniforme (senza uniforme ufficiale, intendo, perché ne esistono tanti tipi anche molto più stringenti di quelle con le stellette) di solito si fa gavetta ed all’inizio della propria carriera di debbono spesso svolgere compiti ingrati. Ricordo una persona che conoscevo nella vita civile affermare testualmente: “Io sono laureato alla Bocconi, non pulisco i cessi!”. Buon per lui che non svolse mai il servizio di leva che, nel frattempo, era stato abolito altrimenti avrebbe avuto dei problemi – meritati.
A costo di scandalizzare qualcuno, aggiungo all’elenco delle cose imparate anche il senso delle punizioni che venivano inflitte a chi sgarrava rispetto al regolamento non scritto. Non parlo, cioè, delle sanzioni disciplinari dette “consegna” e “consegna di rigore” a cura del comandante di compagnia e di reparto rispettivamente bensì di quelle atipiche a cura degli stessi commilitoni a carico di chi si comportava male e non accettava le regole di anzianità. Una di queste consisteva nello shakeramento dell’armadietto, in pratica questo veniva sollevato ed agitato da un certo numero di persone così che le cose contenute andassero tutte a spasso. Prassi nata probabilmente in reparti in cui le cose nell’armadietto dovevano essere posizionate secondo i dettami del regolamento o, come si soleva dire in quel contesto, da libretta e quindi doverle risistemare costituiva un impegno! Al reparto Comando non esisteva questa severità quindi, più che altro, si desiderava creare un fastidio e magari rompere qualcosa: ricordo un ragazzo che subì questa punizione e gli si ruppe un Walkman (per i più giovani: un lettore portatile di musicassette). Non rammento cosa avesse combinato ma sapevo che se l’era meritata, la volta successiva si sarebbe comportato diversamente.
Insomma, venendo al dunque: anno perso oppure scuola di vita?
Qualcuno, oggi, rimpiange la naja sostenendo che farebbe un gran bene a certi ragazzetti che girano per la strada vestiti ed acconciati in modi che appaiono inaccettabili ai più stagionati (tra i quali, il sottoscritto) e che assumono atteggiamenti irrispettosi e strafottenti. Vero, probabilmente, ma terribilmente anacronistico: il servizio di leva risulterebbe oggi troppo costoso per lo Stato ed inutile dal punto di vista della difesa nazionale. Credere di potere raddrizzare in qualche mese di caserma degli individui che famiglia e scuola hanno rinunciato a educare, è assurdo.
Io sono orgoglioso di avere vestito l’uniforme dell’Esercito Italiano, di avere prestato servizio per il mio Paese, di avere salutato la bandiera Italiana tutti i giorni per un anno. Sono particolamente contento di averlo fatto negli Alpini, corpo glorioso di grandi tradizioni (non me ne vogliano fanti, bersaglieri, paracadutisti ecc. tutti giustamente fieri del proprio corpo e reparto). Ovviamente, se mi avessero dato libertà di scelta prima di partire, avrei rinunciato senza esitazioni al servizio di leva ma avendolo svolto, posso dire che è andata bene così. Ho imparato come detto delle cose, altre che ho visto e vissuto non mi sono piaciute, ricordo diverse persone con simpatia – ed altre con molta meno simpatia – e mi diverto ancora oggi a ripensare ai momenti divertenti, così come ne ricordo altri poco gradevoli.
Ma sapete una cosa? Così è, o meglio era, il servizio militare e così è la vita. Non è mai tutto bello e non è mai tutto brutto; la gente che si incontra non è sempre come vorremmo che fosse e le esperienze piacevoli si alternano a quelle meno belle o addirittura brutte. Tutto ciò che ci accade è una sorta di insegnamento e ci rende le persone che siamo, nelle nostre forze e nelle nostre debolezze. La maggior parte delle persone che hanno “fatto il militare” vi parlerà con piacere di quel periodo, per via della giovane età che si aveva quando lo si è svolto e perché gli avvenimenti belli hanno giustamente prevalso su quelli brutti … un motivo ci sarà, no?
14 risposte a Servizio militare: anno perso o scuola di vita?
Mi sono imbattuto in queste righe per caso… cercando durante il periodo di quarantena forzata tracce di un passato di vita militare…
Ho letto con interesse avendo occupato (scaglione 2/88) il ruolo di furiere della compagnia di Supporto al Pac…
Ai miei tempi cerano capitano Gallino.. Ruggirello… Tenente Pula… col. Calevo… (a altri ovviamente)
Complimenti per i pensieri che hai lasciato che possono comunque ispirare riflessioni piu o meno nostalgiche…
Un saluto…
fabio tonolini
Ciao Fabio, grazie del tuo commento.
Alcuni dei nomi che hai menzionato c’erano ancora all’inizio del 1991: Cap. Gallino alla Supporto, Cap. Ruggirello ai trasporti mentre il Ten. Col. Calevo era il comandante di reparto (fu sostituito nell’estate di quell’anno da Medolago Albani).
Il comandante della CCS era il Maggiore Mezzena, che era anche aiutante maggiore. Fu rimpiazzato sempre nel corso del 1991 come comandante di compagnia dal Tenente Ramundo, proveniente da un gruppo di artiglieria da montagna e quindi incavolatissimo per la chiusura imminente di quei reparti giudicati inutili nel nuovo modello di difesa.
Il Tenente Pula non l’ho mai sentito nominare ma, forse, era un Sottotenente e si era quindi già congedato ora del 1991?
Presente!
Alpino Matteo Rosa, 1/88, fureria centrale caserma Mignone.
Il Ten. Pula era l’attendente / segretario del Col. Paolo Calevo e il Cap. Gallini era all’Area Riservata il cui segretario era un ragazzo di BG (Ogni tanto ci sentiamo ancora) del 2/88.
Ogni tanto ripenso a quel periodo e alle tante persone (e personalità) incontrate, alcune mi sono rimaste in mente, altre più “tossiche” le ho pian piano cancellate.
Ciao Matteo, grazie del commento.
Giustissimo il discorso sulle persone che si ricordano volentieri e su quelle da dimenticare, nel mio caso per fortuna sono state più le prime come penso accada a chiunque abbia conservato un bel ricordo complessivo della naja.
8/93 istruttore btg alpini Edolo a Merano.
Il servizio leva è stato sospeso, non abolito. Il che comporterebbe una rapida reintroduzione, volendo. Concordo su anacronistico, naja non sostituisce scuola e famiglia, nonnismo sano,… Io mi sono divertito moltissimo… Soffrendo al CAR come tutti, tu in inverno io in agosto… Non so chi sia stato peggio!
Poi Brunico fucilieri, 1 mese. Rientrato a Merano per corso AGI e son diventato istruttore reclute. Ero un nipote ancora, dopo 3 mesi… Giovane istruttore. Quindi toccavano le sveglie, i contrappelli, guardie (che adoravo)… Tutti i tipi di guardia: breve, lunga, bella, 1 settimana al deposito carburanti in tre militari si faceva due ore guardia e quattro riposo, per 7gg notte e giorno… Il ciclo era quello 2 guardia 4 riposo….
Ho istruito tante reclute. Ho i contatti su Facebook ora. Non ero un bastardo di istruttore, ma tenevo situazione sotto controllo con metodi più psicologici. Mai punito reclute, alla sera era bello andare fuori libera uscita. Preferivo quindi se sgarravano, farli correre 5 minuti, tenere presenta arm,… Tutto utile a rinforzare… Ma poi tutti in libera uscita… Perché era una boccata d’aria uscire da caserma.
Ho conosciuto gente.
Anche tosta da controllare.
Ragazzi di montagna, svegli già alle 5 di mattina… Al Car.
Sono stato invitato da comandante di btg (ai tempi ten col Segatta) a mettere firma… Non l’ho fatto, mi mangio le mani.
Nella vita civile ho trovato più nonnismo in aziende private e pubbliche che in un anno di naja. Ho visto segretarie diventare ricche… Padroni indegni del comando di una azienda. Colleghi invidiosi, arrivisti.
Tutto quello che era preciso, cadenzato, sicuro e confortante sotto naja, non esiste in nessuna altra realtà.
Ciao vecio
Ps. Congedato caporale maggiore, ancora oggi ho gli scarponi originali, gradi, cordino verde da istruttore, e ovviamente il Cappello tenuto pulito a norma. E tanti piccoli ricordini…
Michele, grazie del tuo bel commento.
Trovo particolarmente interessante il paragone che fai tra vita civile e vita militare, anche se il giudizio che esprimi così nettamente favorevole a favore di quest’ultima mi pare un po’ esagerato: è vero che la vita militare è “precisa, cadenzata, sicura e confortante” da un certo punto di vista ma è anche vero che è caratterizzata da numerose insensatezze, che non erano pochi gli ufficiali ed i sottoufficiali che apparivano tutt’altro che contenti della vita che conducevano al punto da risultare frustrati e sfogarsi sui najoni, che assistevamo a ruberie talvolta sottili, altre volte sfacciate.
Ovviamente, come giustamente osservi, la vita civile non è certo priva di difficoltà, ingiustizie, soverchierie …. diciamo che si ha quantomeno la sensazione di una maggiore libertà, fermo restando che conosciamo tutti persone che finiscono con il cucirsi addosso un uniforme anche più stretta di quella con le stellette – o più di una, ad esempio facendosi schiavizzare dal lavoro.
Il fatto che tu non abbia mai punito nessuno mi colpisce, perché durante il CAR noi fummo letteralmente massacrati. Una sera, l’ufficiale incaricato del contrappello eseguì il suo compito poi disse: “Siete stati bravi, non dovrei punire nessuno ma questo è inaccettabile quindi tu e tu siete ficcati dentro” (prendendo due a caso).
Notare che di questo ufficiale sono da tempo “amico” su facebook e commentando con lui queste cose, ci siamo divertiti!
Anche i caporali però ci bastonavano per ogni minima cosa…
Resta il fatto che i racconti di naja sono praticamente una costante per la maggior parte di noi che abbiamo prestato il servizio militare e questo qualcosa vuole ben dire, al di là del fatto che si era tutti più o meno giovani – o giovanissimi.
P.S.: anch’io ho conservato un sacco di cose della naja, incluse alcune confezioni di grasso per gli scarponi, l’incredibile specchietto metallico ecc. ecc.
Certo ho punito. Ma lo facevo a modo mio. Con attività e pressione. Però alla sera libera uscita. Questo rilassa a tutti.
Le furberie si c’erano.
Ho avuto un compagno al Car che si è suicidato in licenza a casa.
Un altro è impazzito, non imbrogliava, portato via in 4 effettivi e più visto.
Uno di scaglione prima del mio si è impiccato agli alberi vicino cinema, luogo nascosto. Io ancora non ero militare.
Io ho passato tre mesi senza venire mai a casa. Perché al Car ti davano pillola e tre giorni riposo in caserma obbligato a tutte le reclute. Weekend.
Poi a Brunico 2 punizioni prese di gruppo. Weekend in caserma.
Poi ho fatto a Merano 1 mese corso AGI per diventare istruttore, pulire bagni con spazzolino, sempre di corsa, tutto il giorno tranne 1 ora dopo pranzo.
Da istruttore giovane non ero certo il primo in lista per licenze.
Ma stavo benone.
Qualche nonno da soddisfare.
Ma ad esempio da noi in 52a compagnia vigeva la regola che appena entrato ti facevano la “festa” e ti dicevano se volevi partecipare alla vita di caserma o non volevi essere disturbato. Ma in futuro non avresti potuto fare scherzi… Nemmeno un semplice block e sblock.
E poi si trattava di fare veramente stupidate e ci si divertiva tutti. Se un nonno esagerava (raro) lo riprendevano. Mai fatto armadietto, juke box, solo sbrandato 2 volte con preavviso… Quindi era solo prassi…
Ovviamente nessuna azione contro reclute.
I viaggi in acm verso poligono salorno. Freddo. La mattina alle 5.
Ma a Brunico era peggio si andava a piedi… Marcia 4ore e poi addestramento guerra. Delle volte viaggio in acm ma nel cassone e strada di bosco… Si saltava!
Io mi son divertito.
Un anno buttato nel cesso.
Mi è piaciuto molto il tuo racconto. Quando hai fatto la naja te io neanche ero nato! Sono cresciuto con i racconti di mio padre, degli zii, di conoscenti. Non è a mio avviso un anno buttato, si è solo proiettati in un ambiente diverso. Non ci vedo nulla di male, soprattutto in tempi più remoti. Oggi lo trovo decontestualizzato, tanti giovani sognano di indossare l’uniforme e per passare le famigerate visite mediche oggi farebbero di tutto. Prima si faceva di tutto pur di non partire invece. I tempi cambiano ed è giusto così.
Buona giornata!
Ciao Marco, grazie del commento.
Una volta la naja era una costrizione, ben pochi – se non nessuno – partivano volentieri.
Oggi fare parte dell’esercito è una scelta ed professione, come è giusto che sia, quindi anche il servizio di 1 anno ha assunto un valore differente.
Qualcuno parla di reintrodurre la leva obbligatoria come strumento educativo, io trovo la proposta assurda ed irrealizzabile.
Buona giornata a te!
Buongiorno. Ti faccio i complimenti per le tue riflessioni sul servizio militare. Te lo dice uno che il militare lo ha anche fatto, per 15 mesi e nella “buffa”. Anche il mio era un incarico da scritturale al Comando di Reggimento, anche io ho pulito i cessi, zappato l’erba, fatto il piantone e le guardie, prima da fante e poi da capoposto. In una caserma bellissima e adesso abbandonata, la caserma Gonzaga di Firenze.
Condivido in toto anche il risvolto formativo del servizio militare: acquisire il senso del sacrificio, abituarsi al rispetto assoluto delle consegne, adattarsi di buon grado alla convivenza con persone molto diverse da noi, ecc,.
Grazie per aver contribuito a rispolverare in me le stesse tue convinzioni.
Grazie a te del commento!
Sottoscrivo pienamente e condivido il tono!
Condivido in pieno questo tuo articolo. Ritengo che questo periodo farebbe bene al 90% degli adolescenti di oggi, totalmente irrispettosi degli altri ed abituati a fare ciò che vogliono.
Mi permetto solo di sottolineare un passaggio del tuo articolo, quello in cui parli della differenza di cultura tra te e i tuoi fra….
Nonostante io fossi molto più acculturato ed intelligente di te……mi stavi comunque simpatico…..;) eheheheh