Attenzione: contiene spoilers!
Uno strano personaggio di poche (nessuna) parole transita nei pressi di una cittadina di provincia e buca tutte 4 le gomme della sua auto a causa di una striscia chiodata posizionata sulla strada. Interviene il soccorso stradale che richiede 1.000 dollari per la sistemazione ma, problema, niente POS e nessuno sportello bancomat in paese. C’è una soluzione: il proprietario di un locale di feste per bambini chiuso da tempo ha bisogno che qualcuno lo ripulisca da cima a fondo in vista di un’imminente riapertura. Se il protagonista lo farà nel corso della nottata, la macchina gli verrà consegnata sistemata la mattina dopo. Accettata la proposta, viene chiuso all’interno del locale a lavorare e presto si accorgerà che quei simpatici pupazzoni creati per dare gioia ai bambini sono in realtà posseduti dalle anime maligne di un gruppo di serial killer che utilizzava l’attività per procurarsi vittime innocenti…
No, non è sangue… probabilmente lubrificante… i pupazzi non sanguinano!
Coloro i quali avessero dedicato un po’ del loro tempo a leggere le mie recensioni cinematografiche sanno che non sono molto tenero nei confronti dei film quando, a mio parere, presentano debolezze nella sceneggiatura, nella recitazione e/o altro (a proposito: c’è qualcuno che ha letto i miei post?).
“Willy’s Wonderland” è lungi dall’essere perfetto. La storia presenta qualche buco, per così dire, pur nella sua semplicità. La recitazione di Nicolas Cage (coinvolto anche nella produzione) è assolutamente monocorde: una singola espressione per tutto il film, nessuna battuta. Per chi come me ha poca stima delle capacità recitative di Cage si tratta peraltro di una circostanza favorevole. Mediocre la recitazione degli altri attori e pessima, in particolare, quella dei ragazzi componenti il gruppo che si prefigge di bruciare il locale salvo poi ripiegare sull’idea di soccorrere il protagonista che è stato chiuso all’interno ad affrontare i pupazzi omicidi. La caratterizzazione di quei personaggi sembra uscita da un manuale di stereotipi: c’è la ragazza giovane ma matura e piena di buon senso, il fessacchiotto che ne è innamorato, l’altra ragazza “facile”, lo stupido congenito che gode delle sue qualità (ci siamo capiti) ma non ha la minima idea di come affrontare la situazione…
Eppure, nonostante quanto sopra, il film si lascia vedere piacevolmente a patto di prendere la storia senza porsi tante questioni. I films non vanno valutati in assoluto ma partendo dalle loro pretese, dal genere e dal periodo nei quali sono stati realizzati. La prima parte è originale e divertente salvo perdere qualcosa, diciamo rallentare, nel momento in cui entra in scena la banda dei ragazzi. La conclusione è soddisfacente anche perché evita il solito vizio del “finale-non-finale” così abusato e quindi irritante.
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