Il Blog di Paolo Della Bianca

Willy’s Wonderland (2021) – Recensione

Attenzione: contiene spoilers!

Uno strano personaggio di poche (nessuna) parole transita nei pressi di una cittadina di provincia e buca tutte 4 le gomme della sua auto a causa di una striscia chiodata posizionata sulla strada. Interviene il soccorso stradale che richiede 1.000 dollari per la sistemazione ma, problema, niente POS e nessuno sportello bancomat in paese. C’è una soluzione: il proprietario di un locale di feste per bambini chiuso da tempo ha bisogno che qualcuno lo ripulisca da cima a fondo in vista di un’imminente riapertura. Se il protagonista lo farà nel corso della nottata, la macchina gli verrà consegnata sistemata la mattina dopo. Accettata la proposta, viene chiuso all’interno del locale a lavorare e presto si accorgerà che quei simpatici pupazzoni creati per dare gioia ai bambini sono in realtà posseduti dalle anime maligne di un gruppo di serial killer che utilizzava l’attività per procurarsi vittime innocenti…

Willy's Wonderland

No, non è sangue… probabilmente lubrificante… i pupazzi non sanguinano!

Coloro i quali avessero dedicato un po’ del loro tempo a leggere le mie recensioni cinematografiche sanno che non sono molto tenero nei confronti dei film quando, a mio parere, presentano debolezze nella sceneggiatura, nella recitazione e/o altro (a proposito: c’è qualcuno che ha letto i miei post?).

Willy’s Wonderland” è lungi dall’essere perfetto. La storia presenta qualche buco, per così dire, pur nella sua semplicità. La recitazione di Nicolas Cage (coinvolto anche nella produzione) è assolutamente monocorde: una singola espressione per tutto il film, nessuna battuta. Per chi come me ha poca stima delle capacità recitative di Cage si tratta peraltro di una circostanza favorevole. Mediocre la recitazione degli altri attori e pessima, in particolare, quella dei ragazzi componenti il gruppo che si prefigge di bruciare il locale salvo poi ripiegare sull’idea di soccorrere il protagonista che è stato chiuso all’interno ad affrontare i pupazzi omicidi. La caratterizzazione di quei personaggi sembra uscita da un manuale di stereotipi: c’è la ragazza giovane ma matura e piena di buon senso, il fessacchiotto che ne è innamorato, l’altra ragazza “facile”, lo stupido congenito che gode delle sue qualità (ci siamo capiti) ma non ha la minima idea di come affrontare la situazione…

Eppure, nonostante quanto sopra, il film si lascia vedere piacevolmente a patto di prendere la storia senza porsi tante questioni. I films non vanno valutati in assoluto ma partendo dalle loro pretese, dal genere e dal periodo nei quali sono stati realizzati. La prima parte è originale e divertente salvo perdere qualcosa, diciamo rallentare, nel momento in cui entra in scena la banda dei ragazzi. La conclusione è soddisfacente anche perché evita il solito vizio del “finale-non-finale” così abusato e quindi irritante.

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The Domestics – Recensione

The Domestics

“In the weeks following an apocalyptic event, a husband and wife venture across the countryside inhabited by deadly factions in search of safety, and must work together as they are pushed to the breaking point in order to survive.” (riassunto tratto dal sito IMDB)

La premessa del film è piuttosto inquietante: il governo decide che la Terra è sovrappopolata ed i suoi abitanti troppo litigiosi quindi decide di spazzarne via una buona parte irrorando l’atmosfera con qualche tipo di gas nervino.

A sopravvivere è una percentuale trascurabile e le città americane diventano teatro di scorribande di gang di delinquenti assassini, più o meno mascherati.

La coppia protagonista del film decide di intraprendere un viaggio di 200 miglia per raggiungere l’abitazione della madre di lei; viaggio durante il quale dovranno affrontare vari tipi di degenerati nella speranza di giungere vivi alla meta. Operazione che riuscirà loro anche se si rivelerà inutile.

Già da queste poche righe è facile capire come la trama di questo film del 2018 non presenti novità particolari ma, diciamolo, attendersi colpi di genio da un film di questo tipo sarebbe esagerato. Si tratta di quel genere di pellicole per le quali si preme il pulsante avvio, si stacca buona parte del cervello e si spera di divertirsi quanto basta.

Il problema è che le numerose incongruenze proposta dalla sceneggiatura colpiscono come un pugno nell’occhio lo spettatore. Tanto per cominciare: quale governo compie la strage? Quello USA? Un fantomatico governo mondiale? Con quale reale scopo? Ancora: posto che le persone vengono uccise con una sorta di gas nervino, perché le città post-disastro si presentano devastate come se fossero state bombardate?

Ovviamente le stranezze non si fermano qui e coinvolgono diversi punti della sceneggiatura. La protagonista colloquia con la madre che dista appunto 200 miglia (circa 320 Km, sottolineiamolo) ma viene mostrata farlo tramite una radio che potrebbe essere paragonata ad un “baracchino” CB (Citizen Band) di quelli – per capirci – che montavano i camionisti a bordo del loro mezzo per informarsi reciprocamente di intasamenti, incidenti e controlli di polizia. Si tratta di apparecchi che avevano una portata di alcuni Km ma sicuramente non 300. Ancora: nonostante le strade siano affollate di psicopatici assassini, nessuno pare chiudere la porta di casa. Continuiamo: la protagonista viene colpita da un proiettile di grosso calibro alla spalla e, nonostante la ferita bendata alla meno peggio e senza disinfezione né sutura, pare non risentirne minimamente mentre dovrebbe essere devastata dal dolore. E ancora: la protagonista stessa che prova a sparare con un fucile (munito di ottica!) ad un bersaglio a 10 metri senza neppure avvicinarsi allo stesso per poi diventare una cecchina incredibile nell’ultima parte del film, anche in questo caso sopportando il “rinculo” dell’arma manco impugnasse una fionda (chi ha sparato in vita sua con un’arma di grosso calibro sa cosa intendo).

Insomma, la sceneggiatura mostra davvero tanti “buchi” che allo spettatore risultano piuttosto inspiegabili soprattutto nei casi in cui riempirli, anche alla meno peggio, non sarebbe stato poi così impossibile. Tante e tali distrazioni potrebbero essere spiegabili sulla base di “tagli” rispetto al girato originale per ridurre la durata del film ovvero di un montaggio pasticciato.

La recitazione non è esaltante né, complessivamente, si riesce a provare particolare empatia per i protagonisti: soprattutto la moglie per la quale il principale problema pare essere costituito non tanto dalla speranza di rimanere viva quanto da un rapporto matrimoniale in crisi.

Il resto degli attori si barcamenano, facendo i conti con la sceneggiatura che presenta immancabilmente tutti i componenti delle bande in circolazione come assassini psicopatici dediti unicamente ad ammazzare chiunque incontrino, senza alcuno spessore psicologico.

Per i dettagli su cast, regia e quant’altro vi rimando alla scheda sul sito IMDB – Internet Movie Database (link in fondo a questo articolo).

Non mi sento di consigliare la visione di questo film al quale assegnerò un 5+ che è allineato con le valutazioni sul succitato IMDB (5.7/10). La scelta sulle piattaforme di streaming è ampia e può offrire di meglio.

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Sinclair ZX81

Sinclair ZX81

Correva il 1981 – forse il 1982 ma non oltre – ed investii una parte non trascurabile delle mie modeste risorse economiche nell’acquisto di un home computer modello ZX81 marca Sinclair.

Lo ZX81 seguiva il modello ZX80 del quale erano stati venduti circa 100.000 esemplari ed avrebbe avuto molto più successo, arrivando a circa 1.000.000 di unità vendute.

La Sinclair avrebbe poi proseguito con la serie Spectrum con caratteristiche molto superiori e destinate prettamente ai videogiochi, finendo peraltro col chiudere bottega solo pochi anni più tardi.

Storia a parte, spesi 100.000 delle mie lirette rispondendo ad un annuncio su Secondamano e portai a casa il primo computer della mia vita. Le sue caratteristiche fanno oggi sorridere: 1Kb di RAM (non 1 Giga e neanche 1 Mega: proprio 1Kb!), display b/n 32×24 righe, scomoda tastiera a membrana, un semplice tono come audio. Per memorizzare il software era necessario acquistare un’apposita interfaccia e collegare un registratore a cassette qualsiasi oppure investire in un’unità specificamente progettata e venduta.

La macchina era accompagnata da una guida abbastanza completa sulla programmazione Basic con riferimenti alla diagrammazione a blocchi ed agli operatori logici booleani sicché ebbi modo di apprendere i primi rudimenti dell’informatica.

Da lì in poi non ho più smesso di avere computer, ovviamente sempre più sofisticati. Purtroppo vendetti dopo pochi anni il mio esemplare di ZX81 per comprare un Commodore VIC-20 ma nei giorni scorsi ne ho trovato ed acquistato uno in un mercatino dell’usato a circa 90 euro (computer + alimentatore + stampante, purtroppo non la scatola altrimenti sarebbe costato di più). Il venditore ha giurato che funziona ma devo ancora provarlo; il problema tecnico è costituito dal fatto che la connessione alla TV avviene tramite un cavo d’antenna di vecchia concezione quindi bisogna essere attrezzati per riuscire nello scopo.

Devo riconoscere a me stesso di averci visto lungo sul discorso informatico e non posso fare a meno di sorridere quando i millenials di oggi ironizzano sulla generazione di 50/60enni che a sentire loro non capiscono un tubo di computer. Sicuramente in molti casi è così ma … non nel mio.

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Chi sono

Paolo Della Bianca

Sono nato a Milano nel 1965, vivo a Vigevano (PV), sono web designer freelance e ho creato questo blog per scrivere ... di tutto un po'.

Eviterò solo la politica perché, data la situazione, è impossibile discuterne senza scadere nella polemica e magari nell'insulto ...

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